Diario dal Festival del Teatro di Pietra Neamt
12 settembre 2022 – In viaggio
Di Erica Magris
«146km». Questo è il titolo della 33 edizione del Festivaul de Teatru di Piatra Neamt verso cui sto volando stamattina. Si tratta della distanza fra questa piccola e tranquilla cittadina romena dal confine con l’Ucraina, come spiega la nota d’intenzione della direttrice del festival, la drammaturga Gianina Carbunariu, che prosegue:
146 Km is a distance that separates two realities : that of a troubled normality and that of a war marked by acts of unacceptable violence.
146 Km can mean a confortable distance or a disturbing one, a closeness that generates anxiety or solidarity. Ultimately, the sense of proximity depends on how you choose to relate mentally to an ongoing situation that is out of control.
Penso ai confini, al fascino che esercitano queste linee invisibili che determinano il passaggio netto da una lingua a un’altra, da una cultura a un’altra, da un sistema politico a un altro… L’Unione Europea ha addomesticato i suoi confini interni e ci ha abituati a fare l’esperienza, viaggiando da un paese all’altro, di alterità attenuate da un’appartenenza comune; la violenza e la brutalità con cui pure sappiamo difende le sue frontiere esterne dagli extra-comunitari negli ultimi decenni, ci interpella, ma non credo abbia intaccato il nostro rapporto confortevole con l’idea di confine. L’invasione dell’Ucraina, invece, lo ha scosso profondamente e, mentre il mio aereo sorvola il territorio europeo, penso con inquietudine al centinaio di chilometri che separano la mia destinazione dalla realtà della guerra da cui provengono le immagini, le testimonianze, i suoni con cui cerchiamo di informarci attraverso i nostri dispositivi. Mi chiedo se la vicinanza geografica può effettivamente cambiare la prospettiva su quello che sta succedendo oltre quel confine, se avrò l’occasione di capire di più, meglio, o anche solo diversamente. Per Gianina Carbunariu il festival è un’occasione per riflettere insieme e tentare di trovare un senso in una situazione globale sempre più complessa e incomprensibile. Questo approccio non stupisce, perché il suo lavoro come regista e drammaturga si sviluppa proprio in un confronto serrato con la realtà. Il teatro è per lei uno strumento di investigazione e di conoscenza in cui è possibile tenere insieme la dimensione politica, economica, storica con quella individuale, fin dagli inizi del suo percorso con l’associazione dramAcum (che significa allo stesso tempo teatro adesso e teatro insieme) nei primi anni 2000. I suoi spettacoli, basati su una rigorosa documentazione, sulla realizzazione di interviste e sull’analisi di materiali d’archivio, trattano del recente passato del suo Paese – i conflitti etnici fra comunità rumene e ungheresi, la repressione e il controllo dei cittadini da parte della Securitate, la polizia segreta del regime Ceaușescu – e di fenomeni e situazioni attuali – i whistleblowers, il rapporto con il lavoro, l’inquinamento ambientale e il greenwashing. Sono creazioni inventive, veementi e radicali, che cercano una relazione forte con lo spettatore pur senza imporgli un’attitudine o un punto di vista. Mi chiedo come questa esigenza artistica ed etica si traduca nella programmazione e nell’organizzazione del festival e quale sarà l’atmosfera a Piatra Neamt.
Non sono mai stata in questa cittadina di 85000 abitanti al limite dei Carpazi, che viene descritta come molto pittoresca, con diversi monumenti storici e delle boscose montagne tutt’intorno. È la città natale di Gianina Carbunariu, dove, dopo gli studi a Bucarest e un percorso artistico nazionale ed europeo, è tornata nel 2017 a dirigere il Teatrul Tineretului (teatro della gioventù), fondato alla fine degli anni Cinquanta per promuovere in particolare il lavoro di giovani artisti, riconosciuto per qualità dei suoi spettacoli e per il festival internazionale che vi viene organizzato, con alterne vicende, dal 1968. Si tratta quindi di un’istituzione finanziata da fondi pubblici, ben ancorata nella vita culturale della città, che funziona con un’équipe artistica, tecnica e amministrativa permanente composta da 85 persone e di una troupe di 25 attori di diverse età. Negli anni della sua direzione, Gianina Carbunariu ha rinnovato radicalement la programmazione e ha cercato di coinvolgere un pubblico giovane. Quest’anno il festival, che si tiene dal 5 al 18 settembre, riunisce artisti e spettacoli provenienti principalmente da paesi dell’Europa dell’Est (Romania evidentemente, Ucraina, Moldova, Ungheria, Estonia, Lettonia), ma anche da Germania e Francia. La programmazione è suddivisa in tre sezione : una dedicata alle scene nazionali, in cui viene dato ampio spazio alle compagnie indipendenti, una internazionale intitolata significativamente «Something to declare», in cui vengono affrontati temi di attualità legati in particolare alla guerra in Ucraina, e una intitolata Festival Plus in cui sono raggruppati eventi vari come mostre, concerti, presentazioni di libri, ecc. Infine, il Teatrul Tinereletui presenta al festival quattro produzioni. Ogni giorno si svolgono in media tre o quattro eventi, tranne che durante il fine settimana quando la programmazione è più densa, che investono diversi luoghi della città. Arriverò all’ottavo giorno del festival e resterò per quattro giorni infrasettimanali. Non so bene cosa e quanto capirò, come mi orienterò, ma sono molto curiosa di scoprire delle creazioni teatrali europee i cui circuiti sono diversi da quelli della Francia e dell’Italia. Tenterò qui di raccogliere a caldo le mie impressioni di spettatrice novizia di questo teatro e di questo contesto, cercando di osservare con attenzione e di approfittare delle occasioni di scambio con gli organizzatori, gli artisti e gli altri spettatori. La spia che invita ad allacciare le cinture si è accesa, stiamo per atterrare. Devo spegnere il computer, ci siamo quasi.