TourFest 2024 | Il Giardino delle Esperidi
Nella natura dove il teatro non è spettacolo ma esperienza condivisa
Di Giorgia Gazzellini.
C’è un bosco che mi abita dentro, un silenzio cantato e interminabile, ruscelli che sgorgano e animali che corrono: Io non so chi sono, ripete la voce, Io non so chi sono… ma sento che c’è questo mondo di fine trama che abita un luogo senza confini, qui, nel petto, nel cuore, nella mente, popola le ore del sonno e nutre le ore di pensiero: sono un bosco che cammina, sono un bosco che radica e sradica. (Tiziano Fratus)
Si può considerare una camminata tra i monti della provincia di Lecco una performance? La risposta è sì, quando questa camminata è parte integrante del Giardino delle Esperidi, il festival che da 20 anni unisce musica, teatro, danza e poesia con la natura dei monti brianzoli. Organizzato da Campsirago Residenza, si distingue per la capacità di trasformare i sentieri e i borghi della Brianza in palcoscenici viventi, dove l’arte e la natura si fondono in un’esperienza unica.
Cuore del Giardino delle Esperidi è la performing art nel paesaggio, un genere di ricerca che trae le sue radici nell’antichità e che oggi rappresenta uno dei filoni più innovativi del teatro contemporaneo. Ogni opera viene riadattata o creata appositamente per i contesti naturali e paesaggistici nei quali viene rappresentata, diventando così un evento unico e irripetibile.
(Vedi qua)
La ventesima edizione, dal 21 al 30 giugno 2024, è stata dedicata al tema del “cammino”: percorsi che hanno portato il pubblico attraverso paesaggi naturali e borghi pittoreschi, permettendo di scoprire o riscoprire un territorio ancora incontaminato attraverso l’arte. Sette differenti cammini performativi hanno collegato i luoghi degli spettacoli, trasformando l’intera area in un grande palcoscenico diffuso. Gli eventi si sono svolti lungo antichi sentieri romanici, in cascine, parchi e ville storiche situate in sette comuni dell’alta Brianza, nella provincia di Lecco: Colle Brianza, Ello, Molgora, Olginate, Sirtori, Valgreghentino, il Parco del Monte Barro (Galbiate) e il Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone.
Noi abbiamo partecipato a Crossing Experience: il direttore artistico Michele Losi, insieme al poeta Tiziano Fratus, all’antropologa Daniela Parafioriti e al giornalista Oliviero Ponte di Pino, ha guidato gli spettatori in una camminata sul Monte di Brianza. Questo attraversamento del territorio non è stato solo un percorso fisico, ma anche un viaggio attraverso le origini e le consapevolezze accumulate in venti anni di festival. Ripercorrere questi spazi ha permesso di riscoprire e rivivere le radici della nostra esistenza, in un continuo dialogo tra passato e presente.
Il programma delle Esperidi 2024 ha incluso 16 diversi titoli con oltre 30 repliche, spaziando tra danza, nuove tecnologie, prosa, performing art sperimentale e il teatro per le nuove generazioni.
LA NOSTRA CROSSING EXPERIENCE
La giornata di domenica 23 giugno è iniziata alle ore 11.00, quando abbiamo cominciato il cammino dalla splendida Villa Bertarelli di Galbiate e dal suo giardino all’italiana affacciato sul lago. Durante il percorso, svolto in silenzio come ci aveva consigliato la nostra guida, Parafioriti ha offerto le sue parole ai camminatori/spettatori, leggendo i suoi versi sugli alberi e i boschi. Dopo quasi due ore di cammino sotto un’intensa pioggia estiva, la prima tappa è stata Figina, dove ci siamo ristorati con un delizioso pic-nic offerto dal festival, che includeva anche opzioni vegane. Qui Tiziano Fratus ha condiviso i suoi studi sugli alberi monumentali, offrendo anche una piccola lezione sulla meditazione in natura. Le sue parole hanno aiutato i partecipanti a immergersi ancora di più in una dimensione di profonda connessione con l’ambiente circostante.
La seconda, conclusiva tappa è stata La Fura di Ello, una cascina storica costruita su un antico sito celta, un luogo davvero incantevole, mantenuto nel suo sapore originale dall’artista Franco Vismara e dalle sue figlie Costanza e Giuditta. Immersi in un’atmosfera quasi fatata, siamo stati accolti con acqua calda di ortiche e una merenda a base di pane e marmellata preparata con i frutti della loro terra. Durante la nostra visita, Tiziano Fratus ci ha letto alcuni “autoritratti con radice” e successivamente, insieme a Oliviero Ponte di Pino, abbiamo discusso di bellezza e natura, creando un dialogo tra tutti i partecipanti.
Nonostante la pioggia, diversi camminatori hanno partecipato a questa esperienza, attratti dalla forma aperta e immersiva. Nel qui e ora, il pubblico, gli artisti e gli intellettuali si sono incontrati in un contesto che mette a disposizione spazi per l’interazione e la riflessione: un ambiente dove l’arte performativa non è solo uno spettacolo da osservare, ma un rituale collettivo da vivere. L’esperienza in cammino è stata quindi dedicata alla relazione con le comunità e il paesaggio. I momenti di riflessione e dialogo hanno offerto un’opportunità unica per connettersi con l’ambiente e riflettere sul nostro rapporto con la natura, trasformando il semplice camminare in un atto di consapevolezza e scoperta. La Crossing Experience è stata non solo un percorso fisico, ma anche un viaggio interiore, un’occasione per riscoprire l’importanza del camminare insieme, del condividere storie e pensieri, e del ritrovare una connessione profonda con la natura e con gli altri.
VENT’ANNI TRA ARTE E NATURA
La forza del festival risiede nella sua capacità di trasformare ogni performance in un evento irripetibile, grazie alla scelta di location che non sono solo lo sfondo scenografico ma il vero centro della narrazione artistica. La partecipazione attiva del pubblico, stimolata da percorsi itineranti e performance site-specific, invita a una riflessione profonda sul rapporto tra l’uomo e il territorio, sulla memoria collettiva e sulla sostenibilità culturale. Camminare insieme agli artisti, ascoltare storie sotto gli alberi, esplorare borghi e sentieri poco conosciuti, trasforma ogni spettatore in un co-creatore dell’evento, rafforzando il senso di comunità e di appartenenza a un luogo. Questo meccanismo, come spiega Michele Losi, tenta di superare il rischio insito nei festival di creare meccanismi e sistemi legati esclusivamente alla produzione e alla performatività, dimenticando il vero significato di una manifestazione. Per Il Giardino delle Esperidi è anche un’operazione per ricollegarsi alle proprie origini, mantenendo viva la consapevolezza del passato e integrandola con i contenuti del presente: vent’anni fa, il festival ha iniziato a camminare questi spazi, e oggi è fondamentale continuare a farlo, arricchiti da nuove consapevolezze e significati.
In un’epoca in cui la frenesia e la tecnologia spesso ci allontanano dall’essenza delle cose, Il Giardino delle Esperidi offre un prezioso momento di rallentamento e riconnessione, sia con sé stessi sia con l’ambiente. Il festival ci ricorda che l’arte, in tutte le sue forme, non è solo un rifugio dall’ordinario ma anche uno strumento potente per la comprensione e la valorizzazione del mondo che ci circonda. Con questo obiettivo Il Giardino delle Esperidi non si pone come solo un un festival ma come un vero e proprio rituale di riscoperta, che anno dopo anno rinnova il legame tra cultura e natura, celebrando la bellezza del territorio e la creatività umana in un dialogo incessante e fruttuoso.