TourFest 2024 | Festival dei Due Mondi


Una vasta gamma di eventi che può soddisfare qualunque spettatore

Di Martina Villa.


Il Festival dei Due Mondi, uno dei festival culturali più prestigiosi e rinomati d’Italia, si tiene ogni anno a Spoleto, in Umbria. Venne fondato nel 1958 da Gian Carlo Menotti con l’idea di creare un ponte culturale tra il mondo europeo e quello americano, portando in scena due culture diverse. Questa visione si rifletteva inizialmente attraverso il gemellaggio con il Spoleto Festival USA a Charleston, South Carolina, che durò fino ai primi anni Novanta. Sebbene il gemellaggio formale con il festival americano sia terminato, il Festival dei Due Mondi continua a incarnare il concetto originale di Menotti di scambio e diversità culturale, anche per la capacità di coinvolgere artisti di fama internazionale con talenti emergenti e per una programmazione articolata e di alta qualità. Ogni anno il cartellone include opere teatrali, spettacoli di danza contemporanea, concerti di musica classica e contemporanea; e proiezioni di film.

Freaks! di Federica Rosellini

Freaks è uno spettacolo teatrale liberamente tratto dal film omonimo del 1932 diretto da Tod Browning, con la regia di Federica Rosellini e la supervisione artistica di Antonio Latella. Il Teatrino delle Sei, intitolato a Luca Ronconi, è un piccolo spazio teatrale situato nelle fondamenta del Teatro Caio Melisso a Spoleto: è una struttura medievale a due navate con volte a crociera sostenute da pilastri e pareti di mattoni. Questo luogo, con il suo aspetto sotterraneo, diventa parte integrante della narrazione. Come spiega la regista nel libretto di sala, non poteva esserle indifferente che questo progetto venisse presentato fra le volte di una chiesa sconsacrata: “Mi è sembrato necessario, allora, snudare lo spazio, iper-esporlo”.
Freaks si inserisce in una poetica già avviata da Federica Rosellini nella sua prima regia: Carne blu al Piccolo Teatro di Milano. In entrambi è centrale il tema dell’identità e della trasformazione, rivelando le potenzialità del corpo di mutare e trascendere sesso, genere e specie.
Il termine freaks descrive persone con caratteristiche fisiche o comportamentali insolite, storicamente esibite come attrazioni nei circhi. Phineas Taylor Barnum, figura chiave nello sviluppo dei freak show, creò nel XIX secolo il “Barnum’s American Museum”, celebre per le sue meraviglie naturali e per i cosiddetti “fenomeni da baraccone”. Il film di Tod Browning inizia in un museo, come osserva Federica Rosellini nel libretto di sala: “probabilmente nel Museo Barnum, il grande ‘Museo Americano dei Mostri’, antenato poco noto, spesso volutamente trascurato, dei nostri occidentalissimi Musei della Scienza.” La pellicola racconta la storia di un gruppo di freaks in un circo, esplorando temi di amore, tradimento e vendetta.
Il film viene proiettato sulla parete di fondo, la proiezione e la recitazione si sovrappongono con dei momenti di lip-sync, lo spettacolo si divide in due parti ed è una progressiva discesa verso una dimensione istintiva e animale.
Nella prima parte, la scena è composta da una tavola imbandita, una serie di proiettori a vista e, sul fondo, due sculture in stile evoluzionistico che appartengono a un museo di storia naturale.
Le dinamiche tra i personaggi, amplificate dall’alcol, rivelano relazioni complesse e ambigue, per esempio, una donna vestita da sposa, coinvolta in una relazione con un uomo, è in realtà attratta da un’altra donna transgender, creando così un intreccio di desideri e attrazioni reciproche tra i personaggi.
Al termine dell’intervallo, il pubblico rientra e trova un attore nudo accanto a un pilastro all’ingresso della scena, in una posa evocativa che richiama l’iconografia di Eva con la mela, simile ai dipinti di Lucas Cranach il Vecchio e Albrecht Dürer. Questa rappresentazione, con la mela e la posa idealizzata, fa eco anche all’estetica di Wilhelm von Gloeden, noto per i suoi ritratti di giovani uomini, caratterizzate da pose e ambientazioni che evocano l’arte classica e spesso lette come cariche di connotazioni sessuali e queer.
Al limite della decostruzione di sé, non esiste più uomo o donna, fino a che non esiste più nemmeno l’umano, ciò che viene represso viene invece esasperato. Un altro attore, nudo, con la testa da orso e una spina dorsale artificiale dall’aspetto metallico, si muove sullo sfondo della scena. Come tante delle figure ibride esibite nel Museo Barnum, per esempio la Sirena delle Fiji, un ibrido di scimmia e pesce, l’uomo-orso rappresenta una creatura liminale, sfidando convenzioni di umanità e mostruosità.
La progressiva discesa negli inferi dello spettacolo culmina in una lunga scena di sesso tra l’ibrido orso e la donna trans, illuminata da luci rosse: “così spogliati questi due luoghi mi ricordavano la Oude Kerk, la Chiesa Vecchia, di Amsterdam: le sue mura esterne contro cui si riflettono i neon rossi delle vetrine delle sex workers”.
In un’epoca in cui la tematica queer, di genere e di identità diventa sempre più onnipresente, lo spettacolo diventa una riflessione sul legame tra il mondo freaks e quello queer. La storia dei freaks mostra come si formassero delle famiglie in cui le differenze diventavano una fonte di affermazione di sé e di appartenenza. Ciò che normalmente era nascosto e ignorato, relegato ai margini della società, veniva legittimato e celebrato, sebbene attraverso una lente di esotizzazione e spettacolo, invertendo così la narrativa di vergogna e stigma. Questo risuona profondamente con la comunità queer, dove il pride celebra le diversità e sovverte le norme sociali, permettendo l’espressione della propria identità in un contesto di comunità e inclusività. Entrambi i contesti creano un senso temporaneo di accettazione, dove le diversità sono non solo tollerate, ma anche celebrate.

Autoritratto di Davide Enia

Autoritratto, il nuovo spettacolo di Davide Enia, racconta il rapporto tra la cultura siciliana e la mafia, utilizzando la tragedia personale e collettiva come lente di osservazione. Enia, drammaturgo e attore siciliano noto per la sua capacità di esplorare le dinamiche familiari, le radici culturali siciliane e le questioni sociali contemporanee, riflette su come, per lui, il 23 maggio 1992 — data della strage di Capaci che uccise Giovanni Falcone, sua moglie e alcuni agenti della scorta — sia un giorno di cui non ha ricordi diretti. Questo vuoto è interpretato come una rimozione emotiva, un effetto della nevrosi condivisa dalla comunità siciliana in relazione a Cosa Nostra.
L’idea parte dal libro omonimo di Carla Lonzi, pubblicato nel 1969. Lonzi introduce un approccio innovativo alla critica d’arte, enfatizzando l’importanza dell’ascolto e dell’autoanalisi del critico stesso. La critica non è solo un’analisi esterna dell’opera d’arte, ma anche un riflesso del critico e delle sue proprie premesse e pregiudizi. Racconta l’arte come mezzo per esaminare e comprendere la propria identità e il contesto culturale in cui essa si sviluppa. Davide Enia si rifà a questa idea di autoritratto per esplorare e riflettere su come la mafia e la cultura siciliana abbiano influenzato profondamente la sua vita e la sua città.
Analizza come le modalità di comportamento e le pratiche mafiose si intreccino con la vita quotidiana e la psicologia dei siciliani, come la mafia rispecchi le dinamiche familiari e sociali, contribuendo a un clima di omertà e repressione.
Partendo dai suoi ricordi d’infanzia, riflette su come certe dinamiche abbiano contribuito alla presenza e all’influenza di Cosa Nostra nella sua città: il silenzio e la rimozione culturale riguardanti la mafia sono esaminati come segni del dominio mafioso.
Racconta di episodi della sua vita, come il primo morto ammazzato visto a otto anni e il suo professore di religione, don Pino Puglisi, che fu assassinato dalla mafia. Un momento cruciale del suo percorso è quando, andando in viaggio studio a Londra a diciassette anni, comprende che ciò che a Palermo era considerato normale, come la violenza e la povertà, sono in realtà eccezioni rispetto ad altre città del mondo.

Per diverse ragioni, da noi la mafia è stata minimizzata, sottostimata, banalizzata, rimossa o, al contrario, mitizzata. Ovvero: non è mai stata affrontata per quello che è.

Attraverso la sua esperienza personale, Autoritratto offre una chiave di lettura per comprendere come la mafia influenzi la vita quotidiana e la cultura siciliana, creando un ponte tra il personale e l’universale.

© Foundation Festival dei Due Mondi, photo by Andrea Veroni

Perché dovresti andare al festival?

A quanti festival capita di ritrovarsi seduti accanto all’ex presidente di Francia, Nicolas Sarkozy, mentre guarda il concerto della moglie, la top model degli anni Novanta Carla Bruni?
Dall’Acoustic evening with Carla Bruni, che mescola elementi di folk e chanson française, si passa a performance di artisti di spicco come Oneohtrix Point Never, il cui vero nome è Daniel Lopatin, per esplorare la musica elettronica. Spesso definito “la bestia nera dell’elettronica contemporanea”, l’artista statunitense è noto per il suo approccio innovativo e avanguardistico alla musica elettronica. Tra le sue collaborazioni annovera alcuni dei più grandi artisti musicali del nostro tempo, come FKA Twigs, Caroline Polachek e Charli XCX. La critica di Simon Reynolds, riportata sul libretto promozionale della performance, racchiude il significato di OPN:

E’ difficile pensare a un altro musicista contemporaneo che affronta l’esperienza dell’iper-modernità — vivere e morire su Internet — con la stessa precisione e compassione. Lopatin è riuscito a rendere l’esperienza frammentata della nostra epoca non solo bella, ma vera.

Dal mondo dell’elettronica con Oneohtrix Point Never arriviamo anche all’opera lirica con la produzione di Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck, diretta da Damiano Michieletto. Rivisitata in chiave moderna, l’interpretazione di Michieletto vede Orfeo ed Euridice come una crisi di coppia del tutto contemporanea e un infelice Euridice morta suicida. Il viaggio di Orfeo verso l’inferno diventa una metafora del suo percorso interiore per riscoprire e recuperare l’amore perduto.
Freaks! e Autoritratto sono altri due esempi della diversità tematica del festival, passando dal tema dell’identità e delle questioni di genere, all’analisi sociale, indagando l’impatto della mafia sulla cultura siciliana. La vasta gamma di eventi garantisce un’esperienza ricca e diversificata, che può soddisfare i gusti di qualsiasi spettatore. Essendo un punto di incontro per artisti di fama internazionale e per nuove promesse, è un ottimo luogo per capire le tendenze culturali contemporanee e vederne nel tempo i mutamenti.