TourFest 2024 | Le Notti delle Sementerie


Tra le balle di paglia la rivolta di Lisistrata scatena la festa

Di Marta Maggioni.


Sono seduta su una seggiola in legno. Il cuscino accoglie il mio corpo che subito si rilassa dopo il viaggio. I miei piedi sono nudi e si fanno accarezzare dall’erba fresca, offrendomi una sensazione di pace. Davanti a me un tavolino con una candela e dei fiori. All’ombra di un imponente albero, prendo il mio libro e mentre sorseggio una limonata allo zenzero, lo sfoglio.
Intanto il canto delle cicale mi culla. Intorno a me, tra le piccole luci appese tra i rami degli alberi, in mezzo a tavoli e sedute di paglia, le persone chiacchierano nella quiete, sorseggiando un bicchiere di vino.
Volti sconosciuti mi sorridono e salutano facendomi sentire parte di una comunità. In questa cornice di serenità familiare, nasce il festival della compagnia teatrale Sementerie Artistiche.

Ci troviamo in un’azienda agricola in mezzo alla campagna di Crevalcore, comune della città metropolitana di Bologna, in un luogo ameno in estrema opposizione al caos cittadino. Dall’11 luglio al 9 agosto 2024 la campagna emiliana si anima con le Notti delle Sementerie 2024: serate in cui cibo locale, teatro e ambiente agricolo si fondono in un’unica celebrazione.

Lo spettacolo inizia dal momento in cui si mette piede alle Sementerie e non solo quando si spengono le luci e si accendono i fari sulla scena.
(La direzione artistica)

La direzione artistica di Manuela De Meo e Pietro Traldi lavora per portare il teatro in questo luogo intriso dell’odore della paglia e del grano.

Sogno di una notte di mezza estate

Sogno di una notte di mezza estate

La programmazione di questa nona edizione si alterna tra la ripresa di un cult della produzione di Sementerie, Sogno di una notte di mezza estate per la regia di Federico Grazzini, e una nuova produzione: Lisistrata, chi fa la guerra non fa l’amore, uno spettacolo site specific che ha coinvolto il territorio di Crevalcore attraverso il laboratorio Lisistrata in Lab partito nell’aprile del 2024, aperto a persone di provenienza e età differenti. Grazie alla regista Gloria Giacopini si è formato un gruppo coeso in cui background diversi si sono fusi insieme. Agricoltori, insegnanti, attrici, studenti per le serate delle Sementerie hanno avuto l’opportunità di mettersi una maschera, dimenticando la loro identità per trasformarsi in un grande coro greco. Nelle loro tuniche bianche hanno accolto i visitatori, hanno mangiato prodotti tipici, hanno raccontato la loro esperienza. Al calar del sole, hanno chiamato a raccolta gli spettatori, inivitandoli a sedere vicino allo spazio scenico, dando inizio al rito collettivo, a partire dalla commedia di Aristofane.

Lisistrata, chi fa la guerra non fa l’amore

Lisistrata, chi fa la guerra non fa l’amore

Siamo sempre più convinti che il coinvolgimento delle persone in un’esperienza artistica debba essere quanto più possibile immersivo. La potenza dell’evento teatrale si radica nella presenza. Questo concetto potrebbe apparire scontato, ma non all’alba di un tempo nuovo, come quello che stiamo vivendo, in cui le forme della presenza si sono moltiplicate trascendendo la fisicità. Questa rivoluzione nella quale siamo immersi quotidianamente ha spalancato nuove possibilità di relazione, comunicazione e partecipazione permettendo quindi di percepire in modo cristallino il valore e le peculiarità espressive e ricettive della presenza fisica.
(Manuela De Meo e Pietro Traldi)

Alle 19:00 mi dirigo verso i tavoli dove l’Agriturismo Valle Torretta propone un’apericena di prodotti di stagione e a chilometro zero, con opzioni per tutti i gusti: onnivore, vegetariane e vegane.
Mentre assaporo la cena, mi godo il tramonto che tinge di colori caldi i campi coltivati.

Poco dopo, il coro della Lisistrata passa tra il pubblico e si appropria dello spazio scenico cantando e ballando. Il testo, rielaborato da Giulietta Vacis, mantiene i toni originali, dove lo scherzo e il grottesco, amplificati dal dialetto locale, cercano di abbattere i tabù del sesso e del corpo femminile.
Giochi di parole scurrili si susseguono, prendendo in causa anche il tema dell’inclusività, esaltato da musiche di Raffaella Carrà e dall’entrata in scena di un carro colorato, simbolo dell’acropoli occupata dalle donne in rivolta. Il carro, ornato da disegni di seni prosperosi e nastri colorati, insieme ai personaggi incita il pubblico a unirsi alla parata verso il luogo più suggestivo della manifestazione: un teatro greco interamente costruito in paglia.
Qui avviene la catarsi completa del rito. L’opera tocca il suo apice. I personaggi più satirici, come Cinesia con la sua imponente erezione, entrano in scena e il pubblico ride all’unisono. Alla fine si inizia a ballare a ritmo di musica pop, incoraggiati dal coro greco, liberando ogni emozione. Ma quando la commedia termina, la notte continua. Il carro si rianima di musica coinvolgendo il pubblico in una danza collettiva tra alcool, risate e colori arcobaleno.
Verso mezzanotte qualcuno inizia a incamminarsi verso casa. La musica si abbassa e i calici di vino si svuotano. La festa sta terminando, ma i più temerari si mettono in cerchio e continuano a ballare. Una bambina – avrà più o meno cinque anni – decisa a non voler andare a letto presto, è al centro della danza e detta i movimenti al gruppo. Intorno a lei ragazzi, ragazze e adulti la seguono, ribaltando per un attimo le regole della società.
Chi rimane seduto tra i tavoli, si toglie lentamente la maschera metaforica da membro del coro greco, tornando alla propria identità e scambiandosi storie e aneddoti sul festival e sullo spettacolo. Tutti esprimono gratitudine per l’esperienza vissuta.
Quando finalmente mi sono alzata per andare a dormire, dopo aver ascoltato tutti i racconti di questa avventura, sento di essere stata inclusa anch’io in questo gruppo variegato, dove esperienze eterogenee si sono intrecciate grazie al magico rito della festa.